Disturbi alimentari
Ne abbiamo parlato con il dott. Paolo Landi, psicologo e psicoterapeuta.
Indice
Anoressia mentale
L’Anoressia Mentale o Nervosa è un disturbo psichiatrico caratterizzato da alterazioni nel rapporto con il cibo, con il proprio peso e il proprio corpo. Le persone che soffrono di Anoressia Nervosa sono caratterizzate da un’intensa paura di prendere peso e da alterazioni nella percezione del proprio corpo.
E’ il più conosciuto tra i disturbi del comportamento alimentare. L’aggettivo “nervosa” qualifica l’aspetto non organico, ovvero, un modo per differenziarla dalle forme di inappetenza e/o di rifiuto del cibo che possono caratterizzare altre patologie.
Le persone che soffrono di anoressia nervosa non lamentano quasi mai una perdita di appetito e la fame sembra aumentare notevolmente con la riduzione dell’apporto calorico e la conseguente perdita di peso. Il controllo dello stimolo della fame diviene, paradossalmente, una fonte di soddisfazione per la persona. Questa condizione funge da fattore di mantenimento della psicopatologia.
L’Anoressia risulta essere fra le patologie psichiatriche con i più alti tassi di mortalità. Qualche studio riporta essere la seconda causa di morte nel periodo adolescenziale. Caratteristiche frequenti, oltre ad un peso corporeo significativamente basso, sono una bassa autostima, paura di ingrassare e“perfezionismo clinico”. Chi soffre di Anoressia evidenzia inoltre una anomala attenzione verso le proprie forme e peso corporei. Alcune parti del corpo, in particolare quelle considerate fobiche, sono regolarmente monitorate e sono generalmente percepite più grandi di come sono nella realtà. Per chi soffre di anoressia il controllo sul corpo e sull’alimentazione diventa la preoccupazione principale, se non unica. Anche il proprio senso di valore personale e autostima è modulato quasi unicamente dalle forme e dal peso del corpo su cui si cerca di esercitare controllo ossessivo.
Le modalità attraverso cui le persone esercitano questo controllo sono:
- forte riduzione calorica giornaliera attraverso l’utilizzo di diete rigide e ferree;
- incremento dell’esercizio fisico giornaliero fino a diventare ossessivo;
- impiego sproporzionato di clisteri e lassativi; vomito autoindotto.
- Il sintomo più chiaro e forse più evidente è la diminuzione del peso corporeo. L’esordio è spesso caratterizzato da una dieta per cui l’iniziale perdita di peso è percepita e vissuta, anche da parenti e familiari, come qualcosa da rinforzare e gratificare.
Agli iniziali successi della dieta, spesso rigida, subentrano meccanismi cognitivi e comportamentali patologici come:
- peso corporeo raggiunto che non è mai abbastanza basso;
- tendenza a saltare i pasti e/o escludere dalla alimentazione cibi ritenuti fobici;
- prolungamento della durata e dell’intensità dell’esercizio fisico.
In questa fase, detta luna di miele, la persona può sperimentare un particolare stato di euforia, un senso di vigore e di onnipotenza poiché tutto sembra sotto controllo e la malattia appare la soluzione a tutte le sue difficoltà. Col passare del tempo però le condizioni fisiche e psicologiche peggiorano. Il cibo e le forme del corpo diventano una vera ossessione e questi pensieri diventano assoluti, focalizzati sulla quantità di calorie ingerite e sui modi per consumarle prima possibile. A questo punto la condizione psicofisica rende difficile mantenere uno stile di vita sano poiché tutto ruota intorno al peso, corpo e forme corporee.
Sintomi cognitivi e comportamentali dell’anoressia
La sintomatologia si caratterizza per la compresenza sia di sintomi psicologici cognitivi che comportamentali. Tra i più rilevanti riportiamo:
- Paura di ingrassare nonostante vi sia un grave stato di denutrizione
- Restrizione alimentare per continuare a controllare il calo di peso
- Esercizio fisico eccessivo e compulsivo per controllare l’alimentazione, il peso e le forme corporee
- Disturbi nella relazione con il proprio corpo. La persona si percepisce come grassa anche se è in uno stato di grave deperimento fisico
- Bassa autostima: il controllo alimentare, del peso e delle forme corporee diventa l’unico dominio su cui la persona crede di potersi valutare
- Pensiero rigido: l’attività cognitiva si riduce solo ai temi relativi al cibo e al suo controllo
- Deficit nel riconoscimento delle emozioni: è assai frequente una certa difficoltà nel riconoscere e comunicare le proprie emozioni.
- Deficit cognitivi: il mancato nutrimento comporta a lungo termine una diminuita capacità di concentrazione, dell’attenzione e della memoria
Sintomi fisici
Il deperimento fisico, derivato dal dimagramento, determina variazioni nel funzionamento del corpo e della mente. I più frequenti sintomi fisici sono:
- Riduzione della pressione arteriosa.
- Rallentamento della frequenza cardiaca (bradicardia).
- Amenorrea (assenza del ciclo mestruale).
- Osteopenia/osteoporosi.
- Ritardi /compromissione della crescita.
- Cute ed annessi fragili e sottili.
- Problemi ematologici (anemia, leucopenia, etc).
- Debolezza muscolare con riduzione della massa magra.
- Problemi a carico dei reni.
- Alterazioni livelli di sodio, magnesio, potassio, calcio, ferro e fosforo.
- Problemi gastrointestinali (difficoltà digestive, stipsi, rallentato svuotamento gastrico, etc).
- Crescita di peli (lanugo) su tutto il corpo (ipertricosi).
- Sensazione di freddo.
- Riduzione della temperatura corporea.
- Unghie fragili.
- Disfunzioni ormonali (ipotiroidismo, ridotto funzionamento dell’asse ipotalamo-ipofisi-surrene, etc).
Il percorso di cura dell’Anoressia Nervosa non prevede, di norma, alcuna terapia psicofarmacologica specifica per questo disturbo. Esistono invece terapie farmacologiche specifiche per disturbi e problematiche in comorbilità con questo disturbo, per esempio Depressione, Ansia Generalizzata, Disturbo Ossessivo Compulsivo etc. Le linee guida internazionali sono concordi nel raccomandare, che la terapia psicofarmacologica non sia l’unica forma di cura prevista ma che sia integrata da percorsi di Psicoterapia cognitivo comportamentale e riabilitazione.
La terapia Cognitivo-comportamentale mira a modificare l’idea che il peso e le forme corporee costituiscono il principale fattore in base al quale stimare il proprio valore personale. Lo scopo di questo tipo di trattamento è quello di aiutare chi soffre di un disturbo dell’alimentazione a imparare:
- gestire il proprio sintomo e sostituirlo con comportamenti più adeguati e soddisfacenti
- identificare e modificare alcune modalità di pensiero problematiche che favoriscono il mantenimento della patologia alimentare
Il trattamento prevede tre fasi per una durata complessiva di almeno un anno:
- la prima fase è finalizzata a normalizzare il peso e ad abbandonare i comportamenti di controllo del peso
- la seconda fase tende a migliorare l’immagine corporea, la valutazione di sé e i rapporti interpersonali
- la terza prevede l’applicazione di procedure finalizzate a prevenire le ricadute, a mantenere i risultati raggiunti durante il trattamento e a preparare la fine della terapia
Bulimia
La bulimia nervosa è un disturbo dell’alimentazione che si caratterizza per l’ingestione di grande quantità di cibo in un certo lasso di tempo con perdita del controllo (abbuffate) seguito da tentativi espliciti di evitare l’aumento di peso.
In genere tali tentativi sono messi in atto eliminando ciò che è stato ingerito (condotte di compenso). Altra caratteristica è l’eccessiva preoccupazione per il peso e le forme del corpo. Quando parliamo di “grande quantità di cibo” facciamo riferimento ad una quantità di cibo ingerita sensibilmente superiore a quella che normalmente una persona assume durante un pasto. Per “certo lasso di tempo” si intende un periodo non superiore alle 2 ore, mentre la perdita del controllo è caratterizzata dall’incapacità di astenersi dal mangiare o dall’impossibilità a fermarsi una volta incominciato.
Nella bulimia intendiamo con “condotte di compenso” comportamenti disfunzionali che hanno come finalità il controllo del peso corporeo. L’eccessiva preoccupazione per il peso infatti, così come le sensazioni negative avvertite dopo l’abbuffata, portano a cercare di eliminare il cibo appena ingerito o le calorie introdotte.
Per chi soffre di bulimia le principali condotte di compenso sono il vomito-autoindotto, l’abuso di lassativi e diuretici e l’iperattività, tutti comportamenti sintomatici scatenati dall’abbuffata. In alcuni casi comunque, soprattutto in pazienti molto gravi, episodi di vomito auto-indotto sono pianificati e ricercati.
La Bulimia Nervosa, insieme all’Anoressia Nervosa, rappresentano le forme più conosciute di disturbi dell’alimentazione. Entrambe condividono alcuni aspetti:
- patologica attenzione verso il peso corporeo
- perfezionismo clinico
- bassa autostima e autoefficacia
- alterato rapporto con il cibo
- difficoltà nel riconoscere e comunicare le proprie emozioni
Sintomo caratteristico della BN è la fame nervosa di origine psicologica e che spesso sostituisce quella fisiologica e che si caratterizza come tentativo di controllare le emozioni negative piuttosto che ad un bisogno fisiologico reale.
Questo insieme di sintomi crea un circolo vizioso (abbuffate/condotte di compenso) che si ripropone costantemente ed è l’aspetto centrale del comportamento alimentare della bulimia nervosa.
Le conseguenze della bulimia nervosa sono direttamente correlate alla gravità del disturbo. La gravità, stimata dalla frequenza settimanale di episodi bulimici, aumenta con l’aumentare degli episodi abbuffata/condotte di compenso.
Con l’aumentare della frequenza aumentano e si aggravano sia i danni fisici che le complicazioni di natura psicologica. Interrompere i circoli viziosi della bulimia è il primo passo per poter iniziare un percorso di trattamento ed evitare conseguenze gravi e potenzialmente letali.
L’intervento della bulimia nervosa contempla sia trattamenti farmacologici che trattamenti psicoterapeutici e riabilitativi. In generale gli studi hanno dimostrato che i farmaci antidepressivi risultano efficaci nella cura della bulimia, in genere, infatti, è presente una flessione del tono dell’umore e Depressione in comorbilità.
La cura con antidepressivi, in particolare gli SSRI, si è dimostrata efficace nel miglioramento del tono dell’umore e nella riduzione del sintomo delle abbuffate nel breve periodo. Nel medio lungo periodo però, senza una psicoterapia e una riabilitazione a supporto, i sintomi tendono a ricompararire.
Per questo motivo l’intervento deve prevedere un trattamento psicoterapeutico e riabilitativo. Il trattamento psicologico e riabilitativo si concentra principalmente su tre aspetti:
- riconoscere la fame fisiologica da quella “psicologica” (o nervosa) e gestire in modo più funzionale le proprie emozioni
- trattare il disturbo dell’immagine corporea e dell’insoddisfazione corporea
- ripristinare una condotta alimentare sana (eliminando così il ciclo “abbuffate/condotte di compenso”)
Disturbo da alimentazione incontrollata e binge eating disorder
Il Binge Eating Disorder, detto anche disturbo da alimentazione incontrollata, è un disturbo alimentare ed è considerato un disturbo psichiatrico. Pur avendo molte caratteristiche simili all’Obesità, quest’ultima è tradizionalmente considerata una condizione medica, anche se nella realtà clinica, entrambe sono frequentemente associate. Chi è affetto da binge eating disorder può sviluppare nel tempo obesità grave, oltre ad un marcato disagio psicologico, depressione e bassa autostima.
Il disagio si presenta spesso come caratterizzato da frequenti abbuffate dopo le quali si sperimentano sintomi fisici e psicologici negativi. La caratteristica tipica di questo disturbo è l’assenza di condotte di eliminazione, a differenza della bulimia, infatti, chi soffre di binge eating disorder non vomita, non utilizza lassativi o altro.
Le problematiche di ordine psicologico che caratterizzano il binge eating disorder sono collegate specialmente alla difficile gestione delle emozioni.
Il cibo diventa un modo per “anestetizzare” le emozioni negative e gestire momenti di crisi. Al termine delle abbuffate inoltre chi è affetto da questo disturbo avverte profonde sensazioni di disagio e colpa legate alla percezione di “perdita di controllo” rispetto alla quantità di cibo ingerita durante l’abbuffata.Spesso chi soffre di binge eating disorder tenta di ridurre il proprio peso corporeo attraverso le diete. Ma essendoci un problema psicologico alla base, questi tentativi falliscono. Alimentando nel soggetto un senso di frustrazione e di fallimento, riducendo autostima e autoefficacia.
Oltre alle problematiche di ordine psicologico specifiche del disturbo, da non sottovalutare sono tutte le problematiche mediche correlate allo stato di obesità. Chi soffre di binge eating infatti non solo mostra un quadro psicologico di sofferenza, ma presenta anche problematiche fisiche da non sottovalutare. È presente infatti un aumento del rischio cardiometabolico complessivo oltre ad una serie di specifiche complicazioni internistiche.
Per il Trattamento la rieducazione nutrizionale è il primo pilastro della cura del binge eating disorder. La presenza di un dietista durante i pasti assistiti consente al paziente di rieducarsi ad uno stile alimentare corretto e a ricostruire schemi alimentari funzionali secondo i principi della dieta mediterranea e dell’educazione nutrizionale.
Passo importante del percorso di cura è la consapevolezza corporea. E’ molto importante infatti imparare ad ascoltare il proprio corpo, per riconoscere la fame fisica da quella psicologica.
Il Trattamento psicologico è il cardine del percorso di cura. La Terapia cognitivo- comportamentale mira a modificare l’idea che il peso e le forme corporee costituiscono l’unico o il principale fattore in base al quale stimare il proprio valore personale. È necessario poi che i pazienti imparino a separare le emozioni dal cibo e trovare nuovi modi per affrontare e gestire in modo adeguato il loro mondo affettivo.
La cura prevede una rieducazione emotiva per imparare riconoscere le proprie emozioni, comunicarle e infine trovare alternative più salutari per gestirle. Non è necessario soffocare le emozioni nel cibo. Anzi è importante conoscerle e riconoscerle per capire quali sono le emozioni che, più facilmente, scatenano un episodio di abbuffata.
Lo scopo di questo tipo di trattamento è quello di aiutare chi soffre di un disturbo dell’alimentazione a imparare a gestire il proprio sintomo, a sostituirlo con comportamenti più adeguati e soddisfacenti, e a identificare e modificare alcune modalità di pensiero problematiche che favoriscono il mantenimento della patologia alimentare.
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