Disturbo d’ansia

Il disturbo d’ansia generalizzato è un disturbo d’ansia caratterizzato da uno stato di preoccupazione eccessivo in intensità, durata o frequenza.

Tale stato, inoltre, non risulta associato a specifiche circostanze, da qui il nome “generalizzato”. E’ difficile da controllare per chi lo sperimenta ed è presente nel soggetto per la maggior parte del tempo per almeno sei mesi.

Le preoccupazioni eccessive sono accompagnate da almeno tre dei seguenti sintomi:

  • irrequietezza
  • facile affaticabilità
  • difficoltà a concentrarsi o vuoti di memoria
  • irritabilità
  • disturbi del sonno
  • tensione muscolare

Molte persone che soffrono di questo disturbo tendono a considerare lo stato ansioso che  sperimentano come una caratteristica della loro personalità, piuttosto che un disturbo vero e proprio. In alcuni casi, tuttavia, il disturbo si presenta in maniera discontinua nel corso della vita, in particolare nei periodi di forte stress.

Chi soffre di disturbo d’ansia generalizzato avverte tale preoccupazione come eccessiva, poco controllabile, dilagante, fino ad interferire significativamente con il funzionamento sociale e lavorativo del soggetto.

Il trattamento cognitivo-comportamentale al momento dimostrato il più efficace comprende:

  • informazione sul disturbo e sulla natura dell’ansia e delle preoccupazioni;
  • tecniche di rilassamento;
  • ristrutturazione di pensieri ansiogeni disfunzionali;
  • gestione delle preoccupazioni e apprendimento di modalità efficaci di risoluzione dei problemi
  • metodo strutturato di risoluzione dei problemi
  • modifica dei comportamenti che mantengono la preoccupazione e l’ansia.
 

Disturbo da attacchi di panico

Il Disturbo da Attacchi di Panico rientra nella categoria dei disturbi d’Ansia e si caratterizza per la presenza di frequenti ed inaspettati Attacchi di Panico.

Un Attacco di Panico viene definito come un periodo preciso di intensa paura durante il quale si possono verificare alcuni dei seguenti sintomi:

  • palpitazioni o tachicardia
  • sensazione di asfissia o di soffocamento
  • dolore o fastidio al petto (es. senso di oppressione toracica)
  • sensazioni di sbandamento o di svenimento (es. debolezza alle gambe, vertigini, visione annebbiata);
  • disturbi addominali o nausea;
  • sensazioni di torpore o di formicolio;
  • brividi di freddo o vampate di calore;
  • tremori o scosse;
  • bocca secca o nodo alla gola;
  • sudorazione accentuata, sensazione di irrealtà (derealizzazione) o sensazione di essere staccati da se stessi (depersonalizzazione);
  • confusione mentale;
  • paura di perdere il controllo o di impazzire;
  • paura di morire.

L’attacco di panico è la forma più acuta e intensa dell’ansia, ha un inizio improvviso, raggiunge rapidamente l’apice (di solito in 10 minuti) ed è spesso accompagnato da un senso di pericolo o di catastrofe imminente.

Gli individui che lo sperimentano descrivono solitamente la paura come intensa e riferiscono di avere pensato di essere in procinto di morire, di potere perdere il controllo, di avere un infarto, o di impazzire, accompagnati dal desiderio di fuggire dal luogo in cui si sta manifestando l’attacco.

Si parla di Disturbo da attacchi di panico quando, a seguito di un primo attacco di panico il soggetto sperimenta un tempo successivo di almeno un mese di intensa preoccupazione di avere altri attacchi. Le sensazioni provate durante il primo attacco di panico sono così spiacevoli da indurre nel soggetto il timore di riprovarle, per cui si sviluppa una “paura della paura”.

Gli attacchi di panico sono un fenomeno comune e in alcune persone sono così frequenti da compromettere gravemente la qualità della vita.

La persona cercherà, quindi, di mettere in atto dei comportamenti volti a prevenire il verificarsi di altri attacchi di panico sviluppando la tendenza ad evitare le situazioni che teme possano provocarli oppure affrontandoli soltanto dopo aver messo in atto alcuni comportamenti protettivi (portando con se farmaci ad esempio o richiedendo la presenza costante di un’altra persona).

Si andrà a creare in brevi tempi un circolo vizioso che spesso si porta dietro la cosiddetta “agorafobia“, ovvero l’ansia relativa all’essere in luoghi o situazioni dai quali sarebbe difficile o imbarazzante allontanarsi, o nei quali potrebbe non essere disponibile un aiuto, nel caso di un attacco di panico. Diventa cosi impossibile per esempio uscire di casa da soli, viaggiare in treno, autobus o guidare l’auto, stare in mezzo alla folla o in coda, e cosi via.

Il paziente diviene schiavo del suo disturbo e costringe suo malgrado familiari e amici a non lasciarlo mai solo e ad accompagnarlo ovunque. Questo spesso compromette rapporti di coppia e quelli interpersonali in genere. Inoltre, il ritiro dalla vita sociale e l’impossibilita’ di fare cose un tempo fonte di piacere, gettano frequentemente il paziente in un grave stato depressivo.

L’ approccio Cognitivo Comportamentale ha messo a punto linee d’intervento efficaci per questo disturbo è viene considerato il   trattamento di elezione.

Solitamente il trattamento comprende:

  • Una prima fase d’informazione accurata sulle cause del problema e su tutti i fattori che lo mantengono (evitamento e comportamenti protettivi).
  • Una seconda fase in cui vengono insegnate tecniche di respirazione diaframmatica e rilassamento muscolare progressivo per gestire i sintomi del panico.
  • Una terza fase che comprende interventi di esposizione graduale alle situazioni temute

Successivamente vengono apprese tecniche per individuare e modificare i pensieri negativi responsabili dello scatenarsi dell’attacco.

 

Disturbo ossessivo compulsivo

Il disturbo ossessivo compulsivo è caratterizzato dalla produzione di una serie di pensieri e immagini  infondate ed insensate che sfuggono al controllo. La paura o il senso di colpa che provocano spingono spesso a mettere in atto delle azioni ripetitive che hanno l’obiettivo di rassicurare e dare un po’ di sollievo. Queste azioni si definiscono compulsioni o rituali. Le persone con DOC possono preoccuparsi ad esempio eccessivamente dello sporco e dei germi o avere dubbi sul poter essere involontariamente responsabili di un qualche incidente. Possono essere terrorizzate dalla paura di avere inavvertitamente fatto del male a qualcuno, di poter perdere il controllo di se’ e diventare aggressive in certe situazioni, di aver contratto malattie infettive ecc., anche se di solito riconoscono che tutto ciò non e’ realistico. Possono esprimere dubbi sulla propria sessualità (es. timore di essere omosessuale o pedofilo), sulla propria fede (es. a causa di pensieri o immagini blasfemi) o sulla propria relazione sentimentale (chiamato DOC da relazione; es. “l’amo davvero?” “E’ la persona giusta?”). 

I rituali più frequenti in questo caso possono essere controllare di non avere un erezione guardando un uomo o un bambino, crearsi immagini sacre che scaccino quelle blasfeme oppure passare mentalmente in rassegna tutte le prove che la propria partner è quella giusta. In altri casi chi soffre di DOC può essere spaventato da immagini in cui si vede far del male a persone vulnerabili come anziani o bambini. In questi casi il “rimedio” più frequente è stare lontano da luoghi frequentati da anziani o bambini oppure evitare di utilizzare utensili da cucina, come coltelli. Altre volte le ossessioni possono presentarsi sotto forma di timori superstiziosi (ad es. se adesso pesto la striscia pedonale mia madre morirà oppure se ho un pensiero negativo mentre studio boccerò l’esame).

Per contrastare questi timori il paziente con DOC potrà crearsi dei rituali mentali come fare complessi conteggi, o ripetere una parola o frase magica un preciso numero di volte oppure ripetere un’azione cercando di avere un pensiero “buono”.Altre volte ancora i pensieri hanno a che fare con l’ordine e la simmetria (es. il pensiero che un quadro sia storto, o che la casa non sia riordinata in modo corretto o che una certa attività non venga fatta nel modo “giusto”). Le compulsioni in questo caso saranno rifare più volte una cosa fino a che non si sente di averla fatta nel modo giusto oppure allineare e riordinare continuamente oggetti.

Le ossessioni sono accompagnate da emozioni sgradevoli, come paura, disgusto, disagio, o dalla sensazione di non aver fatto le cose nel “modo giusto”, e gli innumerevoli sforzi per contrastarle non hanno successo, se non momentaneo.

Le compulsioni, come già accennato, vengono anche definite rituali o cerimoniali e sono comportamenti ripetitivi (lavarsi le mani, riordinare, controllare) o azioni mentali (contare, pregare, ripetere formule mentalmente) messi in atto per ridurre il senso di disagio e l’ansia provocati dai pensieri e dagli impulsi tipici delle ossessioni; costituiscono, cioe’, un tentativo di elusione del disagio, un mezzo per cercare di conseguire un controllo sulla propria ansia. In generale tutte le compulsioni che includono la pulizia, il lavaggio, si trasformano in rigide regole di comportamento e sono spesso bizzarre ed eccessive.

Chi soffre di un disturbo ossessivo-compulsivo è spesso così estenuato dai continui rituali legati alle ossessioni che cerca di evitare tutta una serie di situazioni, poiché teme che possano innescare questo tipo di pensieri, pertanto può diventare estremamente invalidante per la vita sociale, relazionale e lavorativa dell’individuo.

La terapia psicologica maggiormente indicata per chi soffre di questo disturbo è quella cognitivo comportamentale. 

La tecnica più usata è l’esposizione e la prevenzione della risposta. L’esposizione allo stimolo ansiogeno si basa sul fatto che l’ansia tende a diminuire spontaneamente dopo un lungo contatto con lo stimolo stesso. 

Così, le persone con l’ossessione per i germi, ad esempio, possono essere invitate a stare in contatto con oggetti contenenti “germi” (esempio, prendere in mano dei soldi) finché l’ansia non è scomparsa. La ripetizione dell’esposizione, condotta in modo estremamente graduale e tollerabile per il paziente, consente la diminuzione dell’ansia fino alla sua completa estinzione. La persona con sintomi ossessivi legati ai germi, ad esempio, viene quindi esposta allo stimolo ansiogeno e viene invitata a sforzarsi di non mettere in atto il suo rituale di lavaggio, aspettando che l’ansia svanisca spontaneamente. 

La terapia cognitivo comportamentale mira dunque alla cura del DOC, attraverso la modificazione di alcuni processi di pensiero automatici e disfunzionali. 

Disturbo d’ansia sociale e fobia sociale

Il Disturbo d’Ansia Sociale o Fobia Sociale è un disturbo d’ansia caratterizzato dalla paura di essere osservati, di essere giudicati negativamente in situazioni sociali o durante lo svolgimento di un’attività.

Può essere specifica se circoscritta ad una singola situazione sociale o generalizzata se coinvolge più situazioni.

Generalmente la fobia sociale compare più o meno bruscamente nell’adolescenza, intorno ai 15 anni, dopo un’infanzia caratterizzata da inibizione e timidezza. In seguito tende a mantenersi nel tempo, con variazioni di gravità legate agli eventi di vita.

Ciò che si teme maggiormente è il giudizio negativo degli altri. Le situazioni più frequentemente temute sono: parlare in pubblico (ad es. fare un discorso), andare ad una festa, scrivere o firmare davanti a qualcuno, fare la fila, usare il telefono in presenza di altre persone, mangiare o bere in pubblico, usare bagni pubblici o mezzi di trasporto pubblici. Alcuni temono di avere funzioni corporee imbarazzanti al momento sbagliato, ad esempio di perdere il controllo dell’intestino o della vescica, di emettere flatulenze, di vomitare.

Alcuni hanno più paura delle situazioni in cui viene loro richiesta una prestazione, altri delle occasioni di interazione sociale. In quest’ultimo caso, chi soffre di fobia sociale spesso teme di non avere niente da dire o di dire qualcosa di sbagliato, di sembrare noioso o comunque di essere giudicato inadeguato. 

Prima di affrontare un evento temuto, il soggetto può sviluppare ansia anticipatoria (inizia a preoccuparsi molto tempo prima) immaginando ripetutamente il verificarsi di quell’evento.

Le immagini di ciò che si teme possono presentarsi per giorni, aumentando, così, il livello d’ansia.

In alcune occasioni, l’ansia può diventare così intensa da ostacolare realmente il soggetto nello svolgimento dei suoi compiti. 

Chi soffre di fobia sociale, dunque, quando ha un livello d’ansia molto elevato, può avere realmente delle prestazioni scadenti. L’avverarsi di ciò che si teme di più, di solito, causa ulteriore imbarazzo, vergogna o senso di umiliazione. Si può instaurare, così, un circolo vizioso che autoalimenta il disturbo, in quanto mantiene nel tempo il timore del giudizio negativo e l’ansia anticipatoria.

Questo disturbo è caratterizzato anche da condotte di evitamento, per cui il soggetto evita le situazioni temute, arrivando all’isolamento sociale.

I comportamenti protettivi, come quelli di evitamento, temporaneamente riducono il timore di fare una brutta figura, ma alla lunga peggiorano i sintomi.

La terapia cognitivo-comportamentale è uno dei trattamenti più efficaci per la cura della fobia sociale.

Solitamente l’intervento singolo o di gruppo comprende:

  • componente psicoeducativa dove vengono date approfondite informazioni sul disturbo, sulle sue cause e su ciò che lo mantiene
  • individuazione dei pensieri disfunzionali alla base del disturbo
  • tecniche di gestione dell’ansia (rilassamento muscolare, respirazione diaframmatica)
  • esposizione graduale ai pensieri ed agli stimoli temuti ed evitati, mediante il ricorso a specifiche tecniche (es. esposizione immaginativa, enterocettiva ed in vivo)
  • assertività (allenamento sulle tecniche di comunicazione).

Disturbo da sintomi somatici/ipocondria o disturbo d’ansia di malattia

Il disturbo da sintomi somatici consiste nella presenza di segni e sintomi somatici che sono accompagnati da pensieri, emozioni e comportamenti che accompagnano la sintomatologia. 

Le persone con questo disturbo presentano sintomi somatici che procurano disagio e compromissione della vita quotidiana. Possono essere riferiti sintomi specifici come i dolori localizzati oppure relativamente aspecifici. 

La presenza di sintomi che non vengono spiegati da una condizione medica non è sufficiente per una diagnosi in tal senso poiché la sofferenza della persona è reale e al centro dell’attenzione, pertanto la diagnosi non esclude la presenza di una patologia medica.

Il quadro è spesso associato a caratteristiche di tipo cognitivo come l’attenzione focalizzata sui sintomi, insieme alla tendenza ad attribuire normali sensazioni fisiche ad una malattia organica (eventualmente con interpretazioni catastrofiche). Accanto a tali aspetti, possono esserci a livello comportamentale controlli del corpo per ricercare (o escludere) anomalie, o numerose richieste di visite mediche. Le rassicurazioni mediche hanno solitamente breve durata o possono essere vissute come se i sintomi non siano stati presi in considerazione con la dovuta serietà.

Tra i fattori che contribuiscono allo sviluppo di queste problematiche è possibile riscontrare una vulnerabilità genetica (per esempio una maggiore sensibilità al dolore), esperienze precoci traumatiche, e di apprendimento (per esempio scarsa attenzione data alle espressioni di disagio non somatiche).

Molte persone che prima ricevevano la diagnosi di Ipocondria ad oggi soddisfano i criteri di Disturbo da sintomi somatici ma possono anche soddisfare la diagnosi di Disturbo da ansia di malattia.

Il disturbo da ansia di malattia consiste nella preoccupazione di avere o contrarre una malattia grave non diagnosticata. I sintomi somatici non sono presenti o di lieve entità (e questo lo differenzia dal disturbo da sintomi somatici) e una accurata valutazione medica non giustifica la preoccupazione della persona. I sintomi che possono essere presenti sono magari normali sensazioni fisiologiche (es.vertigini) o disfunzioni benigne. 

Laddove invece fossero presenti condizioni mediche, l’ansia della persona risulta sproporzionata rispetto alla gravità della malattia stessa. La malattia diventa il centro dell’identità e dell’immagine di sé, nonché una reazione caratteristica a eventi di vita stressanti.

A livello comportamentale si riscontrano controlli ripetuti su se stessi, con ripetute ricerche online o di rassicurazioni da parte di medici, amici e familiari. Tali persone si rivolgono con maggiore facilità a strutture mediche molto più che a professionisti della salute mentale.

Si considera che questo disturbo abbia un esordio nella prima età adulta o nella mezza età, raro nei bambini.

Il trattamento cognitivo-comportamentale, è considerato il più adeguato per questi disturbi. sul disturbo da sintomi somatici e disturbi correlati. In particolare, esistono studi che stanno valutando l’efficacia della Mindfulness.

L’intervento si propone di utilizzare tecniche che possano favorire l’alfabetizzazione emotiva, la sostituzione dei pensieri disfunzionali con pensieri più funzionali, la diminuzione dell’attenzione focalizzata in maniera rigida e mono-tematica, la gestione più adattiva di eventi stressanti, un accesso più consapevole ai propri bisogni, una interazione con gli altri più funzionale. 

Disturbo post-traumatico da stress

Il Disturbo Post Traumatico da Stress si manifesta in conseguenza di un fattore traumatico estremo, in cui la persona ha vissuto, ha assistito, o si è confrontata con un evento o con eventi che hanno implicato morte, minaccia di morte, gravi lesioni, o una minaccia all’integrità fisica propria o di altri, come, ad esempio, aggressioni personali, disastri, guerre e combattimenti, rapimenti, torture, incidenti, malattie gravi.

 

La risposta della persona comprende paura intensa e sentimenti di impotenza. L’evento traumatico viene rivissuto persistentemente con ricordi spiacevoli ricorrenti e intrusivi, che comprendono immagini, pensieri, o percezioni, incubi e sogni spiacevoli, insieme alla sensazione di un ripresentarsi dell’evento.

 

Inoltre si riscontrano irritabilità o scoppi di collera, difficoltà a concentrarsi, ipervigilanza ed esagerate risposte di allarme.

 

L’insorgenza del Disturbo Post Traumatico da Stress può intervenire anche a distanza di mesi dall’evento traumatico e la sua durata può variare da un mese alla cronicità.

 

Le cause del Disturbo Post-traumatico da Stress sono rintracciabili nella natura stessa dell’evento traumatico  e in ciò che esso comporta rispetto al danno, alle  aspettative, al modo abituale di reagire delle persone e, soprattutto, alle capacità previsionali di ognuno. Un evento catastrofico imprevisto ci lascia disarmati rispetto alla nostra capacità di essere padroni del nostro destino. 

 

Un grave incidente, la perdita inaspettata di una persona cara, annullano le nostre capacità previsionali e i nostri piani  proiettandoci  in un mondo ignoto governato dall’ansia, dall’angoscia, dalla paura e dalla disperazione.

 

Il continuo stato di allarme e ansia che si vive nel Disturbo Post-traumatico da Stress segnala la perdita di questa capacità previsionale. L’evento traumatico spesso non viene ricordato con precisione ed il ricordo, nella maggior parte dei casi, appare confuso, frammentato, irreale.

 

Recenti ricerche hanno dimostrato che questo oblio sia dovuto ad un “corto circuito” dei meccanismi cerebrali che hanno la funzione di registrare gli eventi; sembra, infatti, che l’esperienza traumatica sia talmente forte da alterare i normali meccanismi di immagazzinamento dell’informazione del cervello.

 

 

La terapia cognitivo-comportamentale è uno dei trattamenti più efficaci per la cura di questo disturbo.

Solitamente l’intervento comprende:

  • esposizione, utile per ridurre le situazioni di evitamento: il soggetto viene invitato a rivivere l’avvenimento nella propria immaginazione e a raccontarlo al terapeuta;
  • ri-etichettamento delle sensazioni somatiche:la discussione concreta sulla natura di diverse sensazioni, favorisce una più realistica adesione ad un modello dei sintomi di ansia come effetti della sindrome da stress;
  • rilassamento e respirazione addominale: le tecniche di rilassamento e di educazione respiratoria sono uno strumento “sotto controllo” del paziente, il quale può utilizzarle quotidianamente ed in modo autonomo per alleggerire la tensione e lo stress;
  • ristrutturazione cognitiva: il soggetto può essere aiutato a riconoscere i propri pensieri automatici e spontanei legati all’evento traumatico, pensieri che spesso sono intrusivi, rapidi ed istantanei;
  • EMDR: la desensibilizzazione e rielaborazione attraverso i movimenti oculari (Eye Movement desensitisation and reprocessing), una nuova tecnica messa a punto da F.Shapiro nel 1989 che si basa sulla scoperta che alcuni stimoli esterni possono essere particolarmente efficaci per superare un grave trauma. In particolare, l’esecuzione di alcuni movimenti oculari da parte del paziente durante la rievocazione dell’evento permette di riprendere o di accelerare l’elaborazione delle informazioni legate al trauma.

Fobie specifiche

Una fobia è una paura marcata e persistente che presenta peculiari caratteristiche:

 

 

  • è particolarmente intensa
  • l’individuo in presenza dell’oggetto della sua paura può provare aumento del battito cardiaco,
  • sudorazione, tremore, mancanza d’aria, tensione muscolare, nodo allo stomaco e nausea, impulso a scappare, paura che possa accadere qualcosa di grave ecc..)
  • porta all’evitamento della situazione di cui si ha paura
  • il fobico non si avvicina all’oggetto temuto o fugge via, si distrae pensando ad altro o parlando con qualcuno, assume alcol o tranquillanti)
  • appare come insensata e irrazionale
  • spesso gli altri considerano tali paure come infantili e immotivate, chi le vive è consapevole di ciò
  • ma continua ad aver paura suo malgrado).

L’ansia da fobia, o “fobica”, si esprime con sintomi fisiologici come: tachicardia, disturbi gastrici e urinari, nausea, diarrea, senso di soffocamento, rossore, sudorazione eccessiva, tremito e spossatezza.

 

La tendenza ad evitare tutte le situazioni o condizioni che possono essere associate alla paura, sebbene riduca sul momento gli effetti dell’ansia, in realtà costituisce un circolo pericoloso:

 

 

  • ogni evitamento, infatti, conferma la pericolosità della situazione evitata e prepara l’evitamento
  • successivo. In termini tecnici si dice che ogni evitamento rinforza negativamente la paura

Le fobie più comuni hanno come oggetto:

 

 

  • buio
  • altezza
  • animali (cani, insetti, rettili ecc..)
  • spazi chiusi
  • acqua
  • sangue e ferite

In realtà il tentativo di classificare le fobie in base al nome dell’oggetto o dell’evento si è rivelata nel tempo impresa molto ardua poiché la fonte dell’ansia non è l’oggetto in sè, ma le conseguenze dannose cui la persona potrebbe andare incontro in presenza dell’oggetto o quando si verifica l’evento. 

 

Praticamente le fobie sono tante quanti sono gli oggetti o gli eventi che possono determinare paura.

 

L’approccio cognitivo-comportamentale è considerato in assoluto l’intervento migliore in quanto a brevità ed efficacia, per le fobie specifiche. 

 

Il cuore dell’intervento è l’esposizione graduale alle situazioni temute. Psicologo e paziente costruiscono insieme una gerarchia di situazioni temute dalla meno alla più paurosa che vengono affrontate con gradualità, o nella realtà o nell’immaginazione. Per aiutare il paziente ad affrontare le situazioni temute (ad eccezione della fobia per il sangue) vengono inoltre insegnate tecniche di controllo dell’ansia (rilassamento e respirazione diaframmatica).

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